L’intimazione di pagamento è l’atto che l’Agenzia delle Entrate Riscossione notifica quando è decorso più di un anno dalla notifica della cartella esattoriale per poter, poi, procedere all’esecuzione forzata. La notifica di questo avviso è dovuta solo se si supera il termine di un anno dalla notifica della cartella. Se l’esecuzione avviene entro l’anno, l’avviso di intimazione non è necessario. A tutela del contribuente, la legge prevede che l’avviso sia motivato. In questo modo, egli può conoscere la fonte e il dettaglio degli importi addebitati in modo da poter contestare eventuali errori e illegittimità. Infatti, l’aver ricevuto un’intimazione di pagamento consente, comunque, alla parte che lo riceve di difendersi da essa. A tal fine, onde evitare che l’Agenzia delle Entrate possa cominciare con la fase esecutiva, sarà possibile rivolgersi ad un avvocato specializzato e individuare la strategia da adottare per non subire le conseguenze dannose dell’avviso.
Intimazione di pagamento
Sommario
Cos’è l’intimazione di pagamento
In sostanza, l’intimazione di pagamento è un atto che ripropone fedelmente il contenuto della cartella esattoriale e che rinnova l’invito a pagare avvertendo la parte che il pagamento di quanto dovuto le consentirebbe di evitare conseguenze peggiori. Si tratta, quindi, di un atto puramente eventuale in quanto la sua formazione diventa necessaria solo se l’esattore fa trascorrere più di un anno dalla notifica della cartella e intende avviare il pignoramento. In questa ipotesi, se non vi fosse l’intimazione di pagamento, in pignoramento posto in essere dopo più di un anno dalla notifica della cartella sarebbe illegittimo e, quindi, suscettibile di essere contestato dinanzi al giudice.
La differenza con le cartelle esattoriali
Da questa definizione di intimazione si deduce che la prima fondamentale differenza tra cartella esattoriale e intimazione di pagamento sta nel momento in cui tali atti vengono formati. Invero, la cartella viene sempre per prima e l’intimazione di pagamento la segue.
Tutti e due gli atti, poi, contengono un termine entro il quale il contribuente deve pagare. Tuttavia, una volta notificata l’intimazione di pagamento il contribuente ha solo cinque giorni di tempo, in luogo dei 60 concessi dalla cartella di pagamento.
Infine, la cartella ha un’efficacia di un anno e, dopodiché deve essere seguita da una intimazione di pagamento; l’intimazione di pagamento, invece, ha altresì un’efficacia di un anno ma decorso tale termine, per poter avviare il pignoramento, è necessario notificare una seconda intimazione.
Efficacia dell’avviso
L’avviso di intimazione, quindi, perde efficacia decorsi 365 giorni dalla data di notifica; ciò vuol dire che una volta notificato l’avviso, l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha un anno di tempo per procedere esecutivamente. Decorso tale termine, l’eventuale esecuzione forzata presuppone la notifica di un nuovo avviso di intimazione.
Infatti, ai sensi dell’art. 50, comma I, del D.p.r. n. 602 del 1973 “se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”. Inoltre, ai sensi del III comma dell’art. citato, in forza della ripristinata efficacia della cartella, l’agente per la riscossione avrà a disposizione un arco temporale di un anno per iniziare le procedure esecutive.
Contenuto dell’intimazione di pagamento
L’avviso di intimazione deve essere redatto secondo il modello approvato dal Ministero delle Finanze e rivisitato di recente dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, esso deve contenere:
- denominazione del concessionario con relativo indirizzo
- cognome, nome, indirizzo e codice fiscale del contribuente
- estremi della cartella e oggetto dell’avviso quali numero di riferimento, data di notifica e importo
- avviso che, in caso di mancato pagamento entro 5 giorni, si procederà ad esecuzione forzata
- dettaglio degli importi addebitati (e quindi: sorte capitale, sanzioni, spese e interessi)
- indicazione della possibilità di impugnare l’avviso per vizi propri dinanzi alle medesime autorità giudiziarie (che potrebbero essere il giudice di pace, la commissione tributaria ecc.), nei medesimi termini e modalità del ricorso contro i vizi propri delle cartelle esattoriali
- l’indicazione e la firma del responsabile del procedimento.
All’intimazione di pagamento deve necessariamente essere allegata la relata di notifica debitamente compilata in ogni sua parte la quale deve contenere i dati del destinatario, la data di ricezione dell’atto, le modalità della notifica e tutte le ulteriori informazioni necessarie.
I rischi del contribuente che riceve un avviso
Colui che, dopo un anno dalla notifica della cartella esattoriale, riceve un’intimazione di pagamento, rischia, nel caso in cui resti inadempiente, l’avvio della procedura del pignoramento. Detto pignoramento potrà avere ad oggetto:
- beni immobili del debitore, anche se in comproprietà con altre persone. Non si deve trattare però dell’unico immobile di proprietà adibito a residenza e destinato a civile abitazione;
- tutti i beni mobili del debitore, posseduti in casa o in azienda
- lo stipendio
- la pensione
- il conto corrente
Impugnare l’intimazione di pagamento
Purtroppo, quando il contribuente riceve un’intimazione di pagamento, non è più possibile contestare il merito della pretesa esattoriale. In altre parole, il contribuente non potrà fare nulla per dimostrate che i conteggi fatti dall’ente titolare del credito siano errati o che il debito sia inesistente.
La ricezione di un avviso, tuttavia, non preclude alla parte che lo riceve la possibilità di far valere le proprie ragioni contro l’Agenzia delle Entrate Riscossione. L’avviso di intimazione, infatti, può essere impugnato dal contribuente il quale, peraltro, potrebbe beneficiare dell’assistenza legale di un avvocato che si occupi della fase di opposizione all’intimazione.
Prima di versare le somme intimate, quindi, è sempre opportuno verificare che:
1) l’intimazione sia correttamente motivata;
2) la cartella di pagamento sia stata effettivamente notificata (e la notifica sia regolare). In caso contrario, infatti, il Giudice potrebbe rilevare la nullità della notifica della cartella di pagamento e, di conseguenza, annullare l’intimazione di pagamento;
3) i tributi indicati nell’intimazione di pagamento non siano prescritti. Al riguardo bisogna far riferimento alla data di notifica della cartella di pagamento che, di regola, è indicata nell’intimazione di pagamento, sempre che la notifica della cartella sia stata eseguita nei modi di legge.
Vizi per cui è possibile impugnare l’avviso
L’avviso può essere impugnato solo per vizi propri. Ad esempio, si può impugnare l’intimazione di pagamento se:
- manca l’indicazione del responsabile del procedimento;
- non contiene gli estremi della cartella di pagamento a cui si riferisce;
- non è mai stata notificata, in presenza alcuna cartella di pagamento;
- è stato emesso da un agente della riscossione di una zona territoriale differente dalla residenza fiscale del contribuente (https://www.laleggepertutti.it/204735_come-impugnare-una-intimazione-di-pagamento)
Non è possibile, invece, impugnare per vizi delle cartelle esattoriali che dovevano essere impugnati entro sessanta giorni dalla notifica delle stesse.
Qualora l’intimazione abbia ad oggetto somme già pagate, visti i tempi brevi concessi prima dell’avvio dell’esecuzione forzata, è consigliabile presentare subito all’Agenzia delle Entrate Riscossione la prova del pagamento così da evitare l’inizio della procedura esecutiva
Termini dell’impugnazione
Il termine per il ricorso contro l’avviso, così come l’autorità giudiziaria, dipendono dal tipo di cartelle oggetto dell’intimazione. Il contribuente che non sia a conoscenza dei termini può farsi assistere da un legale onde evitare che la sua impugnazione sia inammissibile.
Competenza
L’impugnazione va presentata al giudice competente che per:
- le tasse è la Commissione Tributaria Provinciale;
- le contravvenzioni stradali è il giudice di pace;
- i contributi Inps e Inail è il tribunale sezione lavoro.
Rateizzazione dell’intimazione di pagamento
Si ricorda, inoltre, che il contribuente non è tutelato solo dalle ipotesi in cui non sia tenuto a pagare per aver già versato le somme dovute. Infatti, qualora l’intimazione di pagamento contenga importi effettivamente dovuti, che il contribuente è tenuto a pagare ma che non è in grado di versare in unica soluzione, considerato soprattutto il termine breve di cinque giorni, è possibile presentare un’istanza di rateizzazione ordinaria, fino a un massimo 72 rate, o straordinaria, che si estende fino a un massimo 120 rate. La rateizzazione straordinaria, tuttavia, è possibile solo laddove si dimostri, con documentazione da allegare alla domanda, l’obiettiva situazione di difficoltà economica. A tutela del contribuente in difficoltà, inoltre, è previsto che se si ha già in corso un piano di rateizzazione, non decaduto, e la propria condizione economica peggiora, si può chiedere di allungare i tempi di pagamento delle rate.
Proroga
La proroga è richiedibile una sola volta e anch’essa può essere ordinaria, fino a un massimo di ulteriori 72 rate (6 anni) o straordinaria, fino a un massimo di 120 rate (10 anni). Per la richiesta di proroga è necessario presentare una domanda motivata dichiarando che, successivamente alla concessione della rateizzazione, si è verificato un peggioramento della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica.