Nel momento in cui un soggetto ha contratto dei debiti e non è riuscito a saldarli, i creditori possono pignorare il suo conto corrente così com’è anche possibile effettuare il pignoramento della pensione ma in questo caso la legge prevede un minimo vitale che deve essere rispettato dai creditori e che quindi non può essere aggredito. Non vi sono invece dei limiti massimi predeterminabili, considerato che tale entità dipende dalla misura annua dell’assegno sociale, un parametro che viene stabilito per poter determinare – appunto – fino a quanto si può spingere il pignoramento del debitore.
Pignoramento pensione
Sommario
Il pignoramento della pensione potrà avvenire sia direttamente presso l’Inps o presso l’altro ente previdenziale di riferimento, ancor prima che l’importo venga corrisposto al pensionato, sia presso l’istituto di credito presso cui la somma viene mensilmente stata su un conto corrente intestato al pensionato.
Pignoramento della pensione INPS prima dell’erogazione
Il pignoramento della pensione può avvenire secondo due modalità differenti. Innanzitutto è possibile che esso avvenga prima ancora della sua erogazione. In tal caso, l’atto di pignoramento viene notificato non solo al debitore, ma anche all’INPS. L’Inps è così tenuto a trattenere la parte della pensione pignorata, lasciando al pensionato il residuo. In questo modo, la pensione sarà erogata direttamente senza la parte trattenuta a causa del pignoramento in corso.
Minimo vitale
Secondo quanto previsto dalla legge nel nostro ordinamento, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere oggetto di pignoramento per un ammontare che sia corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte che eccede questo ammontare è pignorabile solamente nel limite di un quinto.
La procedura esecutiva avente ad oggetto la pensione dovrà quindi sempre garantire al soggetto, benché debitore, quello che prende il nome di “minimo vitale”. Questo significa che se la pensione è inferiore a tale importo non potrà essere pignorata. Il valore minimo vitale per la pensione relativo al 2021 è pari a 1,5 volte l’assegno sociale, che corrisponde a 460,28 euro: è quindi pari a 690,42 euro.
La parte della pensione che supera il minimo vitale può essere pignorata fino a un quinto (20%). In presenza di due o più creditori si potranno pignorare fino a due quinti della pensione (40%), ma le categorie di crediti dovranno essere diverse tra loro.
Atto di pignoramento
L’atto di pignoramento della pensione, così come previsto dall’articolo 492 c.p.c. si avvia tramite l’atto di ingiunzione che deve necessariamente contenere:
- l’indicazione, anche se generica, delle cose e delle somme dovute;
- l’intimazione al terzo di non disporne se non per ordine del giudice;
- la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente;
- l’indirizzo Pec del creditore procedente;
- la citazione del debitore a comparire dinanzi al giudice competente, indicando un’udienza che deve tener conto del termine dilatorio di pignoramento di cui all’articolo 501 c.p.c.;
- l’invito al terzo a rendere entro 10 giorni al creditore procedente la dichiarazione prevista dall’articolo 547 c.p.c., con l’avvertimento che in caso contrario, la stessa dovrà essere resa comparendo in un’apposita udienza.
Il creditore, per essere certo che l’atto rispetti i requisiti prescritti dalla legge, può affidarne la redazione ad un avvocato specializzato.
Procedimento di pignoramento
Il versamento della pensione avviene solo dopo un’udienza dinanzi al giudice, la cui data è indicata sull’atto stesso di pignoramento. Nel corso dell’udienza, il debitore può comparire anche solo al fine di verificare che la procedura segua il suo regolare corso. Proprio in questa sede, affiancato dal proprio difensore di fiducia, il debitore può presentare eventuali opposizioni, tra cui l’opposizione all’esecuzione con cui contestare il diritto dell’istante di procedere a esecuzione.
Pignoramento della pensione accreditata sul conto corrente
In questa seconda ipotesi, l’atto di pignoramento viene notificato al debitore e all’istituto di credito in cui si riceve l’assegno pensionistico. Anche in tal caso, la procedura esecutiva deve avvenire nel rispetto di alcuni limiti. Nello specifico, le somme presenti sul conto corrente potranno essere pignorate soltanto nella parte che supera il triplo dell’assegno sociale, quindi la cifra di 1.380,84 euro. Nel caso in cui i propri depositi fossero superiori, si potrebbe pignorare soltanto la parte in eccesso, fino al massimo di un quinto (o un mezzo qualora i pignoramenti abbiano natura diversa). Quanto poi a tutte le successive mensilità che vengono versate per la pensione, queste saranno pignorabili solo entro massimo un quinto. In questo caso, quindi, non vale più la limitazione del minimo vitale della pensione.
Nell’ipotesi in cui sul conto corrente vengano accreditati redditi di altra natura rispetto alla pensione il pignoramento potrà essere esteso anche all’intero deposito bancario e non alla sola pensione.
Pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione
L’Agenzia delle Entrate Riscossione può procedere a esecuzione forzata e a pignoramento presso terzi per poter cercare di soddisfare le esposizioni debitorie iscritte a ruolo a carico del contribuente, e non pagate a seguito della notifica delle cartelle esattoriali e delle eventuali intimazioni di pagamento.
Se il creditore è l’Agenzia Entrate Riscossione, il pignoramento della pensione segue ulteriori limitazioni specifiche. In particolare per le pensioni:
- fino a 2.500 euro, il pignoramento della singola mensilità è di massimo un decimo (non quindi di un quinto), fatto salvo sempre il minimo vitale nel caso in cui la procedura venga notificata in capo all’Inps;
- da 2.501 euro a 5.000 euro, il pignoramento della singola mensilità è di un settimo, anche in questo caso fatto salvo il minimo vitale per le procedure in capo all’Inps;
- da 5.001 euro in su resta fermo il limite generale di un quinto.
Pensioni non pignorabili
L’impignorabilità parziale di trattamenti pensionistici è posta a tutela dell’interesse di natura pubblicistica che consiste nel garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita. L’art 34, comma 3 della costituzione, invece, garantisce il riconoscimento del diritto all’assistenza sociale al fine di assicurare un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti.
Ne consegue che mentre la pensione di invalidità o inabilità si può pignorare nel rispetto dei limiti previsti dalla legge in tal senso, non sono invece pignorabili:
- la pensione di invalidità civile. Questa, infatti, è una prestazione che rientra tra i sussidi assistenziali e, pertanto, non può essere mai pignorata. La pignorabilità è esclusa a priori dal Codice di procedura civile per tutte le prestazioni di assistenza, perché sono finalizzate a garantire il minimo vitale e a reintegrare essenziali espressioni di vita menomate dalla malattia.
- l’assegno di accompagnamento;
- la pensione sociale, in quanto si tratta di un sussidio riconosciuto ai poveri e alle persone in difficoltà economica (https://www.laleggepertutti.it/475656_quando-la-pensione-non-e-pignorabile).
Soluzioni per il debitore
Il debitore che si è reso inadempiente nei cui confronti, quindi, è stata avviata una procedura di recupero del credito, può comunque difendersi e contestare la pretesa creditoria. Vige infatti il principio secondo cui, nel bilanciamento dei valori costituzionalmente garantiti, la tutela del pensionato prevale sempre rispetto a quella del creditore.
In primo luogo, egli potrebbe contestare la procedura di recupero del credito sin dall’inizio, al fine di evitare che la stessa si concluda con un provvedimento che, passato in giudicato, non sia più contestabile nel merito. Questo può accadere quando il creditore rivendichi in giudizio delle somme che invece il debitore disconosce. In tal caso, sarà interesse del debitore costituirsi tempestivamente in giudizio. In caso contrario, infatti, la sentenza che emetterà il giudice per il riconoscimento di quel credito diventerà inoppugnabile con la conseguenza che, in futuro, non sarà più possibile contestare quel credito.
Opposizione al pignoramento della pensione
Per opporsi al pignoramento, il debitore dovrà agire secondo le regole dell’opposizione all’esecuzione. Pertanto, preferibilmente con l’ausilio di un avvocato che sia a conoscenza di procedure e termini da rispettare, questi potrà contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione, l’inesistenza o la modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo, oppure ancora l’ammissibilità giuridica della pretesa coattiva.
Essa può avere ad oggetto l’esistenza del titolo esecutivo, se ad esempio la sentenza è stata impugnata e riformata con revoca della provvisoria esecutività, e pertanto non ha più validità di titolo esecutivo, oppure se la sentenza non aveva ancora acquisito autorità di giudicato o se il decreto ingiuntivo non era munito di formula esecutiva o non era dotato della provvisoria esecutività.
Altre opposizioni
Costituisce motivo di opposizione all’esecuzione anche il caso della cartella esattoriale iscritta a ruolo in mancanza di notifica della stessa, oppure in caso di prescrizione del diritto sotteso intervenuta dopo la formazione del titolo esecutivo e anche il caso in cui, pur essendo valido il titolo esecutivo, l’azione esecutiva è stata promossa da soggetto diverso da colui a favore del quale era stato emesso il titolo, oppure contro un soggetto sbagliato. Trattandosi di una casistica vasta, il difensore del debitore sarà in grado di individuare i motivi per presentare un’opposizione che sia ammissibile e possibilmente che si concluda con un accoglimento della richiesta del debitore.
L’opposizione preventiva all’esecuzione, può essere proposta dalla data di notificazione del precetto e fino al compimento del primo atto dell’esecuzione.
La successiva opposizione è proposta dopo che sia iniziata l’esecuzione. L’art. 615 comma 2 c.p.c. stabilisce il termine ultimo oltre il quale è inammissibile la proposizione dell’opposizione all’esecuzione per espropriazione. Dopo che sia stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene oggetto di esproprio, non può proporsi opposizione tranne che ricorrano le seguenti due circostanze:
- l’opposizione sia fondata su fatti sopravvenuti;
- l’opponente dimostri che non ha potuto proporla tempestivamente, per cause a lui non imputabili.
Il giudice dell’esecuzione pronuncerà, al termine del procedimento, un’ordinanza di sospensione dell’esecuzione, che assume la natura di provvedimento cautelare, e come tale soggetto a reclamo. Anche il giudice adito nell’opposizione c.d. preventiva, può sospendere in via cautelare l’efficacia del titolo esecutivo. Il giudizio di opposizione all’esecuzione, preventiva o successiva, si conclude sempre con una sentenza nuovamente appellabile e quindi soggetta ai normali rimedi di impugnazione.