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Pignoramento stipendioIl pignoramento dello stipendio è uno degli strumenti che il legislatore pone a disposizione del creditore che cerca di soddisfare le proprie pretese nei confronti del debitore. Si tratta di una particolare forma di pignoramento presso terzi e infatti, l’atto di pignoramento è indirizzato non al debitore (al quale pure va notificato), ma al suo datore di lavoro, che viene quindi formalmente invitato ad astenersi dal sottrarre la quota di stipendio pignorabile dalla procedura esecutiva e a non versarla più al lavoratore ma al suo creditore pignorante.

Pignoramento stipendio

Sommario

Quando si può pignorare lo stipendio

Lo stipendio può essere pignorato in due momenti differenti e non concomitanti. Questo significa che il creditore dovrà sceglierne uno fra i due.
Il primo momento è quello antecedente al versamento dello stipendio al dipendente. In tal caso, l’atto di pignoramento dovrà essere notificato a entrambe le parti, vale al dire al lavoratore e al suo datore di lavoro. Quest’ultimo, poi, procederà alla trattenuta e accrediterà al dipendente, a fine mese, la retribuzione al netto dell’importo pignorato dal creditore.
Il secondo momento è invece quello successivo all’accredito dello stipendio sul conto corrente: in questo caso l’atto andrà notificato all’istituto di credito (banca / posta), oltre che al debitore.

Redditi pignorabili

I redditi pignorabili sono lo stipendio, tutti i tipi di pensioni e la NASPI.
Per quanto riguarda il pignoramento delle pensioni sarà necessario lasciare al debitore il cosiddetto minimo vitale e quindi sarà possibile procedere al pignoramento nei limiti di un quinto.
Per quanto riguarda il pignoramento NASPI (assegno disoccupazione), vi sono regole simili a quelle pensioni, ovvero può essere pignorato il quinto ma solo di quanto eccede l’assegno sociale aumentato della metà.

Cosa prevede la Legge

La legge, infatti, prevede che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Presupposto per l’avvio della procedura

Come per ogni procedura esecutiva, anche nel caso del pignoramento dello stipendio, il creditore che intenda avviare tale procedura dovrà essere in possesso di un atto di pignoramento. Tale atto dovrà essere consegnato all’ufficiale giudiziario del tribunale competente che questi notificherà al debitore e al datore di lavoro o all’istituto di credito, a seconda delle scelte del creditore.

Limiti al pignoramento

A questo punto, non appena il datore di lavoro riceve l’atto di pignoramento, dovrà procedere ad effettuare una trattenuta sullo stipendio, nei limiti previsti.
Lo stipendio, infatti, è la principale forma di sostentamento del debitore. Pertanto, sebbene esso possa essere pignorato, tale operazione dovrà comunque svolgersi nella salvaguardia del diritto del debitore che non può essere totalmente compromesso dall’azione dell’avente diritto.
Lo stipendio, quindi, non può essere integralmente pignorato ma, secondo la regola generale, può essere utile per poter soddisfare le pretese del creditore fino a un massimo del quinto.

Eccezioni ai limiti di pignorabilità

A tale regola si affiancano delle eccezioni. Ad esempio, il creditore, nel caso di pignoramento dello stipendio in azienda, potrà procedere entro i limiti del 20% dello stipendio. Tale importo sarà calcolato tenendo in considerazione la retribuzione netta in busta paga ovvero quella al netto delle ritenute previdenziali e fiscali.
Tuttavia, se sullo stesso stipendio sono a valere più atti di pignoramento, da parte di diversi soggetti creditori, varrà la regola dell’accordo. In altri termini, i creditori che sono successivi al primo creditore procedente, dovranno attendere che il primo sia soddisfatto per poter essere destinatari dei pagamenti del quinto.
Se però i debiti sorgono da cause diverse, e il pignoramento è contemporaneo, si può alzare il limite di pignorabilità fino a un mezzo.

Pignoramento dello stipendio per alimenti

Altro caso è quello del pignoramento dello stipendio per alimenti. In particolare, se si tratta di una causa avente ad oggetto prestazioni alimentari, il limite di pignorabilità può essere elevato fino a un terzo. Per alimenti si fa riferimento agli importi dovuti a familiari per la loro sopravvivenza, quando costoro sono nell’impossibilità (per salute) di mantenersi e, dunque, sopravvivere.

Pignoramento per tasse dovute a Stato e altri Enti

Nel caso di pignoramento per tasse dovute allo Stato e a Enti territoriali, invece, il limite è di un quinto salvo che il debito non sia stato già ricondotto in una cartella esattoriale notificata. In tal caso, sono previsti ulteriori limiti di pignoramento, pari a un decimo se lo stipendio non supera 2.500 euro, un settimo se lo stipendio non supera i 5.000 euro, un quinto se lo stipendio supera i 5.000 euro.

Pignoramento dello stipendio in banca o alle poste

Nell’ipotesi di pignoramento dello stipendio in banca o alle poste valgono altresì regole peculiari. In particolare nel caso in cui lo stipendio sia accreditato:

  • in via anteriore al pignoramento (cioè, lo stipendio è già depositato sul conto nel momento in cui alla banca arriva la notifica dell’atto di pignoramento), è pignorabile solo l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale;
  • successivamente al pignoramento, è pignorabile l’intero stipendio nel limite della misura autorizzata dal tribunale per i crediti alimentari, o di un quinto per ogni altro credito, o ancora fino alla metà dello stipendio per il concorso di più cause creditorie.

Opposizione al pignoramento

Il debitore può, ovviamente, difendersi dall’esecuzione formulando, per il tramite del proprio legale, la relativa opposizione. Per stabilire come opporsi al pignoramento dello stipendio bisogna considerare:
– La modalità prescelta dal creditore per aggredire lo stipendio: se direttamente dal datore di lavoro (prima cioè della materiale erogazione al dipendente) o dopo che la somma sia stata accreditata sul conto corrente bancario.
– La seconda distinzione da fare è sulla base del tipo di creditore.

Motivi di opposizione

Il debitore può proporre opposizione per vari motivi. Ad esempio, si può presentare opposizione se:

  • il lavoratore ha già pagato tutta o parte della somma oggetto del pignoramento: in questa ipotesi il soggetto che ha chiesto il provvedimento non ha più alcun credito nei confronti del lavoratore;
  • i provvedimenti giudiziali non sono più efficaci, come nel caso di sentenza annullata in appello o nel caso in cui sia stato sospeso il decreto ingiuntivo;
  • ci sono stati degli errori nella notifica dei precedenti provvedimenti: ad esempio, il precetto o il pignoramento non sono stati notificati correttamente o nei termini previsti dalla legge;
  • il lavoratore può opporsi, infine, per contestare il superamento dei limiti massimi di pignoramento dello stipendio.

Modalità di presentazione dell’opposizione

L’opposizione si propone con un atto che riveste la forma del ricorso giudiziale e che deve essere depositato nella cancelleria del Tribunale del luogo di residenza del lavoratore. La competenza a decidere sulla opposizione spetta infatti al Giudice dell’esecuzione che, in questo caso, è il Tribunale ove ha la residenza il lavoratore che ha subito il pignoramento. Quest’ultimo non può presentare le difese in proprio, e per presentare l’opposizione è necessaria l’assistenza di un avvocato. Il termine per proporre l’opposizione è di venti giorni dal ricevimento del pignoramento.

Sospensione del pignoramento

La semplice opposizione non sospende il pignoramento. La sospensione di quest’ultimo però può essere concessa esclusivamente se il lavoratore dimostra che sussistono gravi motivi. Il giudice, infatti, ha la facoltà discrezionale di disporre la sospensione del processo esecutivo qualora ritenga che sussistano gravi motivi che devono intendersi quali valide ragioni giustificative del provvedimento di sospensione.

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