Il Tribunale di Latina ha disposto una nuova liquidazione del patrimonio che permette una più serena gestione dei debiti tra i coniugi. Ciò è avvenuto con l’emissione dell’ordinanza del 2019 n. 261. Ad oggi, quanto anticipato dalla suddetta ordinanza, trova espressa disciplina del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che consente la presentazione di una domanda congiunta tra i coniugi all’O.C.C., a cui seguirà la valutazione dei presupposti soggettivi e oggettivi degli istanti sull’ammissibilità della domanda stessa. Tale scelta determina un risparmio in termini di tempo e di costi, in quanto il gestore della crisi redigerà un’unica relazione particolareggiata, che verrà allegata al progetto di risoluzione della crisi.

In applicazione del generale principio della responsabilità patrimoniale personale, la disciplina prevede comunque che le masse attive e passive rimangano distinte, ciò per evitare che porzioni del patrimonio di uno dei familiari siano destinate al pagamento dei debiti degli altri e viceversa.

La presentazione di una domanda congiunta tra i coniugi all’O.C.C.

La vicenda processuale alla base della decisione

Alla base della pronuncia vi era la richiesta di due coniugi i quali, impossibilitati a far fronte ai propri debiti a causa della perdita del lavoro di uno dei due e di una serie di eventi a loro non imputabili, decidevano di agire per sanare le proprie posizioni debitorie. Il marito e la moglie, pertanto, decidevano di presentate due istanze, l’una separata dall’altra, dinanzi all’Organismo di composizione della crisi di Lenola. Quest’ultimo provvedeva alla nomina del liquidatore della procedura. Il liquidatore procedeva ad effettuare le relative verifiche e, a seguito delle stesse, verificava come l’unico immobile fosse in comproprietà dei due ricorrenti. Peraltro, vari finanziamenti erano stati sottoscritti in comune o, comunque, con l’indicazione di uno come garante dell’altro. Proprio per questo, il liquidatore decideva di riunire le procedure determinando un unico protocollo di procedura di liquidazione.

In fase di liquidazione veniva redatta la relazione congiunta, a sezioni separate, tenendo conto delle singole masse debitorie, sia separatamente che congiuntamente.

Del resto, procedere a due liquidazioni per importi divisi e quote immobiliari divise, specie in sede giudiziale, non avrebbe avuto senso, e non avrebbe tenuto conto del principio dell’economia processuale.

Riunione delle istanze di accesso alla liquidazione

Per supportare la propria iniziativa, il liquidatore sosteneva che a sostegno dell’unitarietà del ricorso vi fossero:

  • il rapporto di coniugo tra i ricorrenti;
  • il fatto che l’unico bene di proprietà dei coniugi rientrasse nel regime della comunione dei beni;
  • il fatto che i finanziamenti e i prestiti fossero stati richiesti ed ottenuti per finalità relative alle esigenze del nucleo familiare;
  • l’interconnessione delle posizioni debitorie. Infatti, pur tenendo distinte le masse passive e attive in relazione ai singoli soggetti istanti, il liquidatore incaricato riteneva di dover procedere alla riunione delle procedure distintamente depositate, allo scopo di trattare le medesime come procedura di sovraindebitamento familiare.

Inoltre, considerando che la finalità della procedura liquidatoria è l’esdebitazione dei soggetti indebitati, ben si comprende come la riunione delle procedure assolva alla funzione di assicurare l’economia processuale e il raggiungimento degli obiettivi della tutela dei creditori da un lato e del debitore dall’altro (Tribunale di Latina, prima sezione civile, ord. del 05/07/2019 n. 339).

La decisione del Tribunale

Riunite le procedure, anche alla luce di quanto appena visto, il Tribunale di Latina dichiarava quindi aperta la liquidazione e sospendeva le procedure esecutive pendenti. Riconosceva, inoltre, un reddito minimo mensile per la famiglia e autorizzandola a rimanere dell’immobile fino a completamento delle operazioni di liquidazione e trasferimento.

Le conseguenze per i coniugi

I debitori, grazie a tale procedura, saranno esdebitati e potranno ripartire senza debiti, avendo così nuovamente accesso a eventuali richieste di prestito e finanziamento.  L’ordinanza, quindi, dà piena attuazione a quanto attualmente previsto dall’articolo 66 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. Tale disposizione, infatti, prevede che i membri della stessa famiglia (concetto che comprende oltre al coniuge i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto) possano presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento a condizione che:

  • siano conviventi;
  • il sovraindebitamento abbia un’origine comune, sebbene le masse attive e passive rimangano distinte. Ne sono esempi classici il debito derivante dal mutuo per l’acquisto della casa di abitazione o il finanziamento per l’acquisto dell’auto che, nella normalità, vedono debitori in solido i coniugi.

Nel caso in cui siano presentate più richieste di risoluzione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia quindi, il giudice dovrà adottare i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. Se i ricorsi vengono presentati a tribunali diversi, la competenza appartiene al giudice adito per primo.

Fonti: Studio Cataldi