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RevocatoriaLa revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale con la quale il creditore può chiedere la revoca e la dichiarazione di inefficacia degli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore. Tali atti, infatti, potrebbero diminuire la garanzia del creditore impedendogli quindi di soddisfare la propria pretesa sul patrimonio del debitore. Con il positivo esercizio dell’azione revocatoria il creditore ottiene la reintegrazione della propria garanzia sul patrimonio del debitore.

Revocatoria

Sommario

Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.

Condizioni per chiedere la dichiarazione di inefficacia degli atti

Per chiedere che sia dichiarata l’inefficacia degli atti di disposizione del patrimonio del debitore, è necessario che ricorrano determinate condizioni e, in particolare:

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Quindi, per il fruttuoso esperimento dell’azione revocatoria devono concorrere determinati presupposti: in primis deve essere presente un atto di disposizione, cioè un atto negoziale in forza del quale il debitore modifica la sua situazione patrimoniale, trasferendo ad altri un diritto che gli appartiene; poi deve sussistere il cosiddetto eventus damni, ossia un serio e concreto pregiudizio per le ragioni creditorie che dipende dalle conseguenze dell’atto di disposizione compiuto che influisce negativamente sul patrimonio del debitore. Deve sussistere, poi, la cosiddetta scientia fraudis del debitore, ossia la consapevolezza e la conoscenza del pregiudizio inferto alle ragioni del creditore, anche senza la specifica intenzione di nuocere allo stesso.

Legittimato a chiedere l’azione revocatoria

Sono legittimati a chiedere l’azione revocatoria tutti coloro che sono titolari di un diritto di credito anche se sottoposto a termine o condizione. Non è necessario, dunque, che si tratti di un credito certo, liquido o esigibile, poiché l’azione revocatoria ordinaria presuppone per la sua esperibilità la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità.

Efficacia dell’azione revocatoria

L’azione revocatoria produce i suoi effetti solo nei confronti del creditore che l’ha proposta. Questo significa che l’atto compiuto dal debitore resta valido ma diviene inefficace, cioè improduttivo di effetti, nei confronti del creditore che ha promosso l’azione. La conseguenza di tale inefficacia risiede nel fatto che il creditore potrà rifarsi sul bene oggetto dell’atto di disposizione come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata.

L’azione non può profittare ad altri creditori che non prendano parte al giudizio, proprio perché essa produce effetti solo verso colui che agisce in quanto egli procede in base ad un diritto proprio a tutela esclusiva della propria ragione cre­ditoria. Gli altri creditori che vogliano profittare dell’azione debbono processualmente associarvisi.

Nel dettaglio…

Più precisamente l’azione revocatoria non determina alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del debitore, né alcun effetto direttamente traslativo nei confronti del creditore ma solo di determinarne l’inefficacia nei confronti del creditore, per consentirgli di esercitare sul bene, che dell’atto aveva formato oggetto, l’eventuale successiva azione cautelare o esecutiva.

Inefficacia parziale e relativa

Il risultato dell’azione revocatoria è quello di una inefficacia parziale e relativa.

Si parla di inefficacia parziale perché la revoca non impedisce l’acquisto del diritto in capo all’acquirente, ma semplicemente evita che il bene alienato venga sottratto all’aggressione dei creditori dell’alienante che hanno interesse a soddisfare il loro diritto di credito. Quanto al carattere relativo dell’inefficacia, essa giova solamente al creditore o ai creditori che hanno esercitato l’azione. Saranno gli unici infatti che potranno beneficiare di una posizione preferenziale rispetto agli altri chirografari dell’alienante, che non potranno intervenire nelle procedure instaurate contro il terzo acquirente.

Effetti recuperatori dell’azione revocatoria

Da ciò si deduce che l’azione revocatoria è priva di effetti recuperatori. L’atto revocato, infatti, conserva la propria efficacia traslativa o costitutiva del diritto in capo all’acquirente. Tuttavia, tramite la revoca dell’atto di disposizione, si crea eccezionalmente in capo al creditore un’azione esecutiva nei confronti di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio, che è il terzo acquirente il quale è effettivamente assoggettato all’aggressione esecutiva del creditore.

Onere probatorio del creditore

Il creditore che agisce con l’azione revocatoria deve provare, in primis, l’eventus damni, ossia il pregiudizio arrecato al creditore dall’atto di disposizione del debitore. Tale pregiudizio deve rendere al creditore impossibile o più difficile e rischioso soddisfarsi sul restante patrimonio del debitore.

Pericolo di danno

Infatti, ai fini della configurazione del c.d. eventus damni, non è necessario che il patrimonio del debitore abbia subito una cospicua diminuzione di tipo quantitativo ma si riveli, al contrario, sufficiente una sua mera alterazione di carattere qualitativo. Questo significa che per la sussistenza del pregiudizio non è necessario un danno effettivo, ma è sufficiente un pericolo di danno, derivante ad esempio da una minore aggredibilità dei beni del debitore o da maggiore incertezza o difficoltà nell’esazione coattiva del credito; in particolare va rilevato che non è necessaria la sussistenza di una diminuzione quantitativa dei beni, il cui valore oggettivo può effettivamente restare anche immutato ma è sufficiente che si produca un mutamento qualitativo il quale comporti ad esempio una maggiore occultabilità dei medesimi.

Scientia fraudis

Il secondo presupposto richiesto è quello rappresentato dalla scientia fraudis. Si tratta cioè di uno specifico atteggiamento soggettivo del debitore, per gli atti a titolo gratuito, e anche del terzo acquirente, per gli atti a titolo oneroso, che deve essere presente al momento della stipulazione dell’atto. Si richiede cioè la sussistenza di un intento fraudolento che si risolve in una dolosa preordinazione al fine di pregiudicare il soddisfacimento del creditore. Il creditore dovrà dunque dimostrare che l’autore dell’atto, alla data della sua stipulazione, aveva l’intenzione di contrarre debiti, ovvero era consapevole del sorgere della futura obbligazione; che lo stesso soggetto ha compiuto l’atto dispositivo in funzione del sorgere dell’obbligazione, per porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto.

Prescrizione dell’azione revocatoria

L’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto. Si tratta di una prescrizione breve che, una volta intervenuta, non consente al creditore di esercitare l’azione revocatoria perdendo così la possibilità di soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto di disposizione del debitore. È onere del creditore, quindi, quello di promuovere l’azione entro i termini fissati per legge onde evitare di lasciare la sua pretesa insoddisfatta.

Altre modalità di estinzione dell’azione revocatoria

La prescrizione non è la sola causa di estinzione della possibilità di esperire l’azione revocatoria. Ad essa si affianca anche la volontà del creditore. È possibile, infatti, che egli abbia prestato il proprio consenso preventivo riguardo all’atto d’alienazione. In questo modo, essendo interesse del creditore quello di agire in revocatoria, si può riscontrare la sua rinuncia ad esperire l’azione. Bisognerà quindi accertare unicamente se, in caso di comportamenti concludenti e non espressi in maniera univoca, si possa effettivamente ravvisare il consenso del creditore all’atto di disposizione.

Allo stesso modo, l’azione può estinguersi per volontà del terzo acquirente il quale soddisfi il creditore. L’azione infatti è limitata a soddisfare l’interesse eco­nomico del creditore procedente di conseguenza, soddisfatto questo interesse, l’azione viene a perdere il suo presupposto e la sua ragione unica giustificativa.

Azione revocatoria fallimentare

L’azione revocatoria fallimentare è uno strumento che permette la ricostituzione del patrimonio del fallito, andando a rendere inefficaci gli atti che il fallito ha posto in essere nel periodo antecedente la dichiarazione del fallimento, in violazione del principio della par condicio creditorum. Lo scopo quindi è quello di preservare il patrimonio del fallito nell’interesse dei creditori.

Atti soggetti a revocatoria

Gli atti soggetti a revocatoria sono:

  1. gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
  2. atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
  3. i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
  4. pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.

Sono altresì soggetti a revocatoria, sempre che il curatore non provi che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Soggetti legittimati ad agire

Il soggetto legittimato a proporre l’azione revocatoria fallimentare è il curatore fallimentare. L’azione deve essere proposta dinanzi al tribunale che ha dichiarato il fallimento. Il termine cade entro tre anni dalla dichiarazione, e non oltre i cinque anni dal compimento dell’atto.

Mediante l’azione revocatoria fallimentare, tutti gli atti di disposizione, i pagamenti e le garanzie poste in essere dal fallito nell’anno o nei sei mesi antecedenti il fallimento, sono dichiarati inefficaci. Nel momento in cui il terzo, a seguito dell’azione revocatoria fallimentare, ha restituito quanto ricevuto dal debitore, anche costui è ammesso al passivo fallimentare se, eventualmente, avesse ancora un credito da vantare.

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