Il Fisco, in uno Stato, è l’insieme degli strumenti normativi e organizzativi preposti all’imposizione e riscossione dei tributi. Tra questi si distinguono le tasse e le imposte. Le prime consistono in un prelievo che avviene sul cittadino-contribuente in quanto egli ha usufruito di un servizio pubblico o di un bene. Le imposte, invece, sono prelevamenti coattivi che vengono effettuati dallo Stato in funzione di principi definiti sul piano costituzionale, e possono riguardare sia il reddito che il patrimonio. Tasse e imposte costituiscono la categoria dei tributi ma non la esauriscono del tutto. Infatti, della categoria dei tributi fanno parte anche i contributi, che consistono in prelevamenti di ricchezza il cui presupposto è l’accrescimento di carattere patrimoniale e di natura reddituale di cui ha usufruito un cittadino grazie a un’opera pubblica.
Fisco
Sommario
Principi costituzionale sul prelevamento delle imposte
Il prelevamento delle imposte avviene sulla base di due principi costituzionali diversi, che sono il principio di solidarietà e il principio di capacità contributiva. Al principio di solidarietà si fa riferimento nell’art. 2 della Costituzione. In base ad esso si prevede che qualunque cittadino debba pagare le imposte anche per assecondare le necessità dei soggetti meno abbienti. L’articolo 53 coinvolge il principio di capacità contributiva, in base a cui tutti i cittadini devono contribuire alle spese dello Stato sulla base della propria capacità di generare reddito.
Indici di capacità contributiva secondo il Fisco
Nel nostro sistema fiscale, i principali indici di capacità contributiva sono:
- Il reddito. Esso rappresenta una variabile dinamica. Si tratta, cioè, della ricchezza monetaria prodotta da un individuo o da un attore economico in genere in un dato periodo di tempo. Dal punto di vista fiscale, la conoscenza del reddito è necessaria perché funge da presupposto per l’applicazione di alcune imposte che si fondano sul prelievo di una parte di reddito (si pensi, ad esempio, all’Irpef e all’Ires);
- I consumi;
- Il patrimonio. Con esso, si intende l’insieme dei beni che costituiscono la ricchezza di un soggetto. In ambito giuridico, la nozione di patrimonio è più ampia in quanto comprende tutti quei rapporti attivi e passivi, suscettibili di valutazione economica, che fanno capo ad un unico soggetto. Rientrano nel concetto di patrimonio, quindi, non solo i beni mobili o immobili ma anche i crediti e i debiti
Inoltre, il legislatore tributario può individuarne degli altri ma, qualora si muovesse in tal senso, sussisterebbe sempre la necessità di una specifica indicazione di forza economica da parte del soggetto contribuente misurabile e rilevabile in denaro.
Limiti della capacità contributiva per il Fisco
Dal principio di capacità contributiva, discendono alcuni limiti posti allo Stato. In particolare:
- Il divieto di prelievi confiscatori, perché esso entrerebbe in contrasto con il principio di proprietà privata di cui all’art. 41 Cost e di iniziativa economica di cui all’art. 42 Cost.
- Il divieto di intaccare il cosiddetto minimo vitale. Esso equivale al valore monetario necessario ad una persona per il soddisfacimento per gli elementari bisogni di vita e la conduzione di una vita libera e dignitosa. Il valore del minimo vitale non è predeterminato dalla Costituzione, di conseguenza il legislatore gode di discrezionalità nel definirlo.
Requisiti della capacità contributiva
La capacità contributiva deve essere effettiva ed attuale.
Con la nozione di effettività della capacità contributiva, si fa riferimento alla necessità che vi sia una concreta sussistente forza economica che, quindi, non può essere meramente virtuale o presunta. L’attualità invece si riferisce alla sussistenza della forza economica nel momento in cui il tributo è applicato. Ciò costituisce un limite ma non un divieto assoluto il quale, infatti, potrà comunque emanare leggi retroattive che colpiscano una capacità contributiva non più attuale purché siano ispirate a un principio di ragionevolezza.
Interesse fiscale dello Stato
L’interesse del Fisco di uno Stato consiste nell’interesse che esso ha nella riscossione dei tributi. Tale interesse fiscale, a seconda della struttura dei tributi di volta, può anche estendersi oltre i confini nazionali per le operazioni commesse all’estero. è questo il caso dell’IVA. Dal punto di vista dell’applicazione delle imposte, l’interesse fiscale esige una loro rapida e sollecita riscossione. L’interesse generale alla riscossione dei tributi è un interesse vitale per la collettività perché rende possibile e garantisce il regolare funzionamento dei servizi pubblici.
Tasse
Le tasse sono quei prelevamenti di ricchezza a cui i cittadini vengono sottoposti perché hanno richiesto o usufruito di un servizio o di un bene pubblico: esse permettono di finanziare le spese divisibili.
Imposte
Le imposte sono prelevamenti di ricchezza coattivi che lo Stato prevede per finanziare le spese indivisibili, così chiamate perché non si può stabilire a priori l’uso effettivo di quei servizi da parte di ogni cittadino.
Contributi
I contributi corrispondono ai versamenti che i cittadini effettuano all’Inps o a un altro ente di previdenza allo scopo di accumulare il montante contributivo a partire dal quale la loro pensione futura sarà calcolata.
Omesso o tardivo versamento delle imposte
Talvolta può capitare che un contribuente si renda responsabile di un omesso o tardivo versamento delle imposte al Fisco. In questo caso, al contribuente è data la possibilità di sanare la propria posizione mediante il ricorso al ravvedimento operoso beneficiando, nel contempo, di una riduzione delle sanzioni.
Ravvedimento operoso
Con il ravvedimento, la riduzione della sanzione amministrativa è pari a:
- 1/10 di quella ordinaria nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data di scadenza
- 1/9 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall’errore
- 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore
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Altre riduzioni
- 1/7 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore
- 1/6 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore
- 1/5 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), salvo nei casi di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o di omessa installazione degli apparecchi per l’emissione dello scontrino fiscale)
- 1/10 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure a 1/10 del minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.